Rifugio Beta
La partenza alla volta di Cordellon è fissata in prima mattinata
dal parcheggio di Calcroci.
Al nostro arrivo Cristian il presidente è già lì che ci aspetta assieme a
Caio col suo nuovo furgone camperizzato, subito dopo arrivano rispettivamente
dai loro paesi di origine nell'ordine Moreno e Marco, all'appello mancano
solo Simone e Loris da prelevare rispettivamente a Camponogara e Vigonza.Michele il folletto purtroppo si è clamorosamente dimenticato della data prefissata per l'escursione, perdendosi in altri
appuntamenti oramai irrinunciabili.
Dopo un viaggio tranquillo all'insegna dei vecchi ricordi vissuti e qualche tappa fisiologica arriviamo nel tranquillo borgo di Cordellon. La
prima impressione è che effettivamente il paesino sia calpestato da poche anime
come risaputo, senza dare però quella sensazione di tristezza ed abbandono che
altri simili paesini montani danno.
Andiamo subito alla ricerca del ristorante Ai Gir per
raccogliere info dal titolare sul percorso da scegliere. Dopo un breve
conciliabolo, una cartina turistica acquistata, un salame ed una bottiglia di
vino consumati in loco, il nostro programma risulta ben presto deciso: partenza
dal parcheggio del ristorante alla volta del rifugio Beta o casera del guardian
con tappe all’Olt de Val d’Arc ed alla cascata Pissador, rispettivamente la
prima all'andata, la seconda il giorno dopo al ritorno verso 'l'Ai Gir, un percorso ad anello non troppo impegnativo,l'epilogo di
domenica a pranzo con grande abbuffata al ristorante sopracitato.
Inizio dell'avventura
Dopo poche centinaia di metri ed aver passato il primo dubbioso
bivio senza indicazioni abbiamo la sensazione di aver già sbagliato sentiero e
neanche la lettura della cartina all’apparenza semplice riesce a metterci
d'accordo, decidiamo di proseguire anche perchè tornare indietro annullerebbe lo
sforzo fatto sin là visto che si tratta di un sentiero sempre in salita. Questo
ha inevitabilmente creato dei gruppi con in testa Simone,Loris,Moreno seguiti
da Michele,Luca, Cristian e Caio,in coda Claudio "il saggio"che
centellina gli sforzi in previsione della non chiara distanza dal Beta. Il
presidente a fronte della sua conclamata attitudine alle camminate in montagna
lamenta una certa antipatia verso il trasporto dello zaino,effettivamente da
buoni rifugiati abbiamo al seguito ogni ben di dio:un salame, un chilo di
spaghetti da fare all’aglio e olio, ossetti(costicine)salsicce, pancetta, polenta,
una quantità di vino rosso(cabernet e refosco)pari ad un litro e mezzo cada
rifugiato, grappa e giustamente un po’ d’acqua, insomma tutto lo stretto
necessario per un’escursione in montagna.
Man mano che continuiamo a salire cerchiamo di capire tramite la
famigerata cartina dove ci troviamo, se abbiamo preso il sentiero giusto, sforzandoci
di vedere nella stessa dei riferimenti quali casere abbandonate viste strada
facendo. Fortunatamente dopo un bel po' a fugare ogni dubbio troviamo un cartello indicante il rifugio
ad un’ora e trenta. Tenendo conto che ai tempi di percorrenza segnati nei
cartelli di montagna, redatti dai locali acclimatati ed allenati alle lunghe
camminate, dobbiamo aggiungere il gap che divide noi abitanti della pianura a
loro, quantificabile in dieci minuti circa ogni ora segnata,vuol dire che saremo
arrivati al beta in circa due. In realtà tra pause(è proprio in una di queste
che Cristian ha proposto a me (michele)Luca e Claudio di fondare un gruppo che poi
tramite un referendum interno avrebbe preso il nome di”noi rifugiati”)e riposini
vari saremo arrivati ben più tardi,comunque a parte il sentiero sempre
lievemente in salita reso più ripido dal peso degli zaini lo scenario durante l’ascesa
è molto bello e selvaggio,le indicazioni verso il Beta sono ora più
rassicuranti.
Ad un certo punto alla vista del rifugio a me e Cristian
che eravamo rimasti in coda al gruppo si sono riempiti i cuori di gioia,per il
presidente il motivo era finalmente scaricare lo zaino e riposarsi, per me tagliare il salame e stappare una bottiglia, ad ognuno la propria priorità.
Durante il meritato ristoro nella panchina esterna a base di salame pan biscotto e vino rosso
c’era chi contemplava il rilassante paesaggio e chi andava a visitare l’interno
del rifugio, in pochi minuti l'insaccato era bello che sparito.
La felicità dietro ad una fetta di salame un bicchiere di vino in compagnia davanti ad un panorama fantastico
Il Beta è un rifugio molto ben tenuto situato a 1025 metri sul
livello del mare, è sempre aperto,dispone di due stanze al pian terreno, una con
panche, tavolo, stufa a legna e fornelli a gas l’altra con stufa a legna panche
e divano in finta pelle. Al piano superiore due ampie stanze con alcune reti per
dormire, all’incirca credo possa ospitare comodamente per la notte una 15ina di persone. Le stufe hanno un buon tiraggio e a differenza di altri rifugi si
può andare a casa senza che gli abiti puzzino troppo di affumicato.
Visto che avevamo davanti ancora qualche ora di luce decidiamo di
lasciare gli zaini nelle camere e ripartire per vedere l’Olt,che secondo le mie
previsioni dovevamo trovare prima di arrivare al Beta,invece le tabelle le
abbiamo trovate subito dopo il rifugio proseguendo per il sentiero,tabelle che
se non ricordo male segnavano 45 minuti. Dopo un’ora in discesa in mezzo alla
neve, la maggior parte di noi al trovare un'altra tabella che lo indicava a 20
minuti e l’avvicinarsi del crepuscolo decide di tornare al rifugio per
preparare la cena. I soli Luca e Moreno provano a seguire il sentiero sempre
innevato questa volta un po’ in salita,scelta vana visto che dopo aver
proseguito per un’altra mezz'ora non hanno trovato niente(solito gap pianura-montagna)e
ci hanno raggiunto al Beta a buio oramai consolidato.
L'inutile discesa alla ricerca dell'Olt
In pochi minuti la corvè era stabilita,al fuoco e grigliata nel
bel barbecue esterno Loris e Moreno, addetti legna Simone e Marco,alla pasta
io,gli altri subentravano a dare il cambio ed espletavano altre incombenze. La
cena a lume di candela tra un’ombra e l’altra è risultata essere perfetta e man
mano che il livello del vino calava le gag e le perle di saggezza non solo da
parte di Simone e Claudio aumentavano, fino ad arrivare al caffè e relativa grappa dove iniziavamo a perdere i pezzi. Chi si accomodava nelle panche, chi si preparava
la cuccetta per la notte, chi all’esterno contemplava l'oscurità, insomma l’ora di
andare a dormire era oramai venuta.
Nella stanza principale si sono accomodati Claudio, Marco e Simone(sulla panca)alias il saggio, il giovane e
l’attore, nell’altra Cristian e Michele alias il presidente e la guida, sopra in una stanza Loris,Moreno,Luca per il gruppo il poeta romantico,il
fotografo ed il pacifico, nell’altra da solo per scelta
e compassione nei confronti degli altri rifugiati visti i suoi noti concerti notturni Claudio-Caio detto il portaborse.
Dopo aver passato una notte calda e tranquilla con quello che è
rimasto facciamo colazione e le pulizie per lasciare il rifugio pulito ed
accogliente come l’avevamo trovato.
Dopo un breve summit all’esterno del rifugio il gruppo si divide in due,da una parte Cristian,Marco,Caio e Simone decidono di tornare a Cordellon tramite il sentiero da dove eravamo arrivati, mentre gli altri di concludere l’anello passando per la val Pissador con la visita all’omonima cascata. Alla base della decisione dei primi l’incognita neve,soprattutto per Marco che non voleva mettere ulteriormente alla prova la suola delle sue scarpe da ginnastica aggiustate in precedenza con l’attack. Effettivamente non sapevamo come fossero le condizioni del sentiero oltre il Beta, mentre il ritorno per gli ammutinati assicurava loro una via in discesa e soprattutto asciutta. Dopo aversi gentilmente sobbarcato l’immondizia prodotta il giorno prima ed aver alleggerito i nostri zaini il primo gruppo si è messo in marcia verso Cordellon mentre il secondo verso la cascata con il ritrovo fissato all’Ai Gir ora pranzo.
Fortunatamente per il secondo gruppo la neve dopo circa 100 metri
di dislivello è svanita, il sentiero dopo il Beta prosegue sempre in un
ambiente selvaggio e panoramico, solo lì abbiamo incrociato i primi
escursionisti.
Appena sceso il promontorio tramite una serie di tornanti il percorso inizia a costeggiare un ruscello con una leggera discesa, molti
tronchi accatastati in una falegnameria a cielo aperto ci fanno pensare che lavorare
in questi luoghi non deve essere poi così male,almeno per l’anima. Tra una
chiacchiera e l’altra e le molteplici deviazioni per evitare gli alberi caduti durante
l’inverno per le abbondanti nevicate, arriviamo all’ultimo bivio,quello per la cascata,diamo
un’occhiata all’ora e nonostante ci fossimo attardati parecchio decidiamo di andare
lo stesso anche se il pranzo sarebbe slittato di un po'.
Ci sono voluti non più di un quarto d’ora per raggiungerla,prima attraverso una strada bianca in salita poi nel tratto finale con un sentiero stretto e tortuoso in discesa. La cascata è un bel salto d’acqua di 40 metri,sembra si possa gustarne la visione anche dal basso ma il profumo del formaggio fuso ed il manifestarsi dei primi gorgoglii intestinali dovuti alla fame, ci fa inforcare dopo averla contemplata ed immortalata in alcuni scatti la via verso Cordellon con una certa celerità,anche per non sentire dagli altri rifugiati le lamentele dovute al ritardo.
Effettivamente al nostro arrivo, se non sbaglio verso le 14, neanche
il tempo di unirci agli altri che veniamo rimpinzati come animali da ingrasso
dal gestore del ristorante, evidentemente sensibilizzato dai nostri occhi
affamati. Abbiamo mangiato benissimo con soli 17 euro,menu fisso con bis di
primi,carne,contorni,il tipico formaggio schiz e dolce,ovviamente il tutto annaffiato a rosso.
Dopo aver pagato e salutato ci godiamo la difficoltosa ed abbondante digestione nel prato della chiesetta dove avevamo parcheggiato le auto sotto il tepore di un sole tiepido ma vivo, prima di una volta arrivati a casa salutarci e darci appuntamento alla prossima rifugiata.
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