mercoledì 16 dicembre 2015

Rifugio Porta Franca 25-26/7/2015





Il ritrovo era per le 12, visto che Luca (il pacifico) essendo sabato, voleva dormire un po'. Io e Simone siamo partiti da Valpromaro di buon ora anche per recuperare la cartina del parco “Corno alle Scale” da acquistare presso il centro turistico del comune di Lizzano in Belvedere, luogo di ritrovo con i rifugiati provenienti dal Veneto.
Per questa prima trasferta fuori porta abbiamo scelto il Parco del Corno alle Scale, nel bel mezzo dell’appennino tosco-emilano, situato più o meno a metà tra la nuova residenza della guida (io) ed il resto dei rifugiati.


Ci sono due nuovi elementi  nel gruppo, Simone(detto Simoncino), mio nuovo vicino di casa e Gianni, amico storico di Claudio (il saggio). Come detto io e Simone ci dovevamo incontrare con la comitiva dal Veneto a Lizzano in Belvedere, provincia di Bologna, per poi recarci al Rifugio Segavecchia, luogo di partenza per la nostra meta, il rifugio Porta Franca.
La giornata, climaticamente parlando, si mette male ed appena arrivati a Lizzano contro ogni previsione meteo inizia a piovere. Acquistiamo in extremis (l’ufficio stava chiudendo) la cartina e ci rifugiamo nel bar della piazzetta per aspettare gli altri, ingannando il tempo con un aperitivo.
Gli altri:Claudio, Luca, Gianni,e il bentornato Loris arriveranno con un po’ di ritardo, anche loro meravigliati per la pioggia. Decidiamo quindi di prendere un altro aperitivo con la speranza  che smetta ma soprattutto per festeggiare la bella reunion in quella terra mai calpestata prima.
Finalmente smette di piovere e dopo aver studiato la mappa ed il percorso che avremo compiuto prendiamo i furgoni e ci rechiamo al parcheggio del Segavecchia. Lì decidiamo di mangiare i nostri panini prima di iniziare a salire e dopo aver bevuto il caffè nel bar del bel rifugio.




Partiamo alle 14 e 30 circa  dalla strada (sbarrata) che prosegue oltre il Segavecchia per prendere poco dopo sulla destra il sentiero 121 ,che entra in un bel faggeto. La salita è graduale ma costante, i novizi Simoncino e Gianni hanno il passo lungo ed assieme a Loris guadagnano metri nei confronti dei fratelli “cicare”:Claudio,Luca,Michele per via del lungo tempo senza vedersi si fermano spesso a chiacchierare.



Il cielo ora è bello, con poche nuvole, ce ne accorgiamo dopo un’ora e trenta di cammino, una volta usciti dalla faggeta, anche il panorama ne guadagna, si vedono alcuni paesini di valle ed il “Corno alle scale” con i suoi 1944 metri.



La vista è superlativa. Questi luoghi assomigliano alle prealpi Venete, le cime dei monti sono ondeggianti e prive di picchi rocciosi, aspri e ripidi, come quelli invece delle alpi Apuane o ancor di più delle Dolomiti.
Lungo il sentiero ci sono miriadi di piante di mirtillo ed alcune bacche sono davvero gustose, la salita ora è ancora più dolce, raggiungiamo il passo del Cancellino (1632).



Qui il clima è diverso, fa fresco e dopo il cambio di maglia c'è chi estrae dal guardaroba personale un maglione chi un giubbetto. Continuiamo per lo stesso sentiero fino a raggiungere la fonte dell’uccelliera, ora oltre al fresco arriva anche la nebbia che a folate ci proietta direttamente a novembre, togliendoci momentaneamente la voglia di deviare per l’alta via (sentiero 00) e quindi raggiungere la cima del monte Gennaio (1810).
Momentaneamente perché, una volta appurato che il Porta Franca era davvero vicino, decidiamo di inoltrarci nella nebbia ed allungare il percorso prima raggiungendo il Gennaio poi deviando verso il rifugio Porta Franca tramite lo stesso sentiero 00, generosamente giudicato un EE, nel frattempo è tornato il sole.



Arriviamo al rifugio verso le 17 e 30, diamo un’occhiata al bivacco sempre aperto per decidere se dormire li o dentro il rifugio.
La decisione, a parte un breve tentativo pro bivacco da parte del saggio, è rapida ed unanime,vista la fatiscenza della struttura (da noi ribattezzato "rifugio antiatomico") decidiamo di dormire in rifugio, senza neanche aver visto prima le camere.


L’investimento di  40 euro cadauno risulterà azzeccato, questa la cifra pagata per il pernottamento ed una cena iniziata, dopo un insostenibile  attacco generalizzato di appetito, come antipasto alle 18 a base di affettati, formaggi e vino, per poi passare direttamente alla cena appunto con primi e secondi a base di anitra, vino, dolci, caffè, grappa e birretta della buona notte.


Il rifugio è ben tenuto dai gentili volontari della sezione CAI di Pistoia, le camerate sono spaziose e pulite, con tanti posti letto sopratutto a castello.

Alla base della nostra scelta di appoggiarci ad un rifugio gestito c’era la non scelta, nel senso che qui nell’appennino non avevamo trovato nessun bivacco (bello, ma sopratutto libero) dove consumare la nostra notte da “rifugiati”procacciandoci la legna per riscaldarci e cucinare, ed illuminandoci con la luce delle candele, e a dire il vero all’inizio non eravamo molto entusiasti di questa scelta forzata.
Poi ci siamo ricordati che a volte è bello trovare tutto pronto senza dover dannare l’acqua che non bolle per il fuoco che non decolla, o rimanere affumicati per il tiraggio scarso di un camino, ancora meglio dormire in un letto senza sentire le sgommate del materassino, sempre se non si è sgonfiato prima.Tutto bello e apprezzabile, basta che però non diventi un vizio!))


Alla mattina seguente dopo esserci rimpinzati con la colazione (sempre compresa nei 40 euro) ed aver salutato gli amici del  CAI di Pistoia partiamo per chiudere l’anello e riportarci ai furgoni, dopo aver percorso il sentiero 111-IT2 che parte dal rifugio ci ritroviamo a dover scegliere se svoltare in salita verso destra e passare per il “passo della donna morta” e l’omonimo rifugio o proseguire per lo stesso sentiero IT2 detto “sentiero dei rapaci”. Decidiamo di proseguire, un po’ per il nome accattivante del sentiero un po’ per il fatto che questo non riprende quota. La scelta risulterà deludente, il sentiero non è altro che una strada forestale, neanche tanto bella.


Una volta ai furgoni propongo agli altri quello che avevo pensato sin dalla partenza, ossia fare il bagno nel ruscello lì vicino. I temerari Gianni, Simone e Luca hanno raccolto l’invito delle gelide acque, ne è seguito il solito pranzo di addio-arrivederci per coronare un’altro fantastico  fine settimana passato in compagnia tra le nostre amate montagna.

                                                    foto di gruppo con i bravi volontari "CAI"


Alla prossima rifugiati!






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